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Judi Dench si toglie i panni di 'M' e commuove con la sua 'Philomena'

Judi Dench si toglie i panni di 'M' e commuove con la sua 'Philomena'

Autore: Nostro inviato Luca Nasetti
Data: 30/01/2014 09:40:41

Cattolicesimo e giornalismo, vita vissuta e omosessualità. Mischiare insieme gli ingredienti fino ad avere un composto uniforme, aggiungere interamente il talento poetico di Judi Dench ed infornare per un’ora e mezza. Pardon, proiettare. Servire caldo sul grande schermo.

Quello del Cinema Aquila a Roma se possibile. In dvd comodi sul divano di casa in mancanza d’altro. Così pare ci sia scritto sul ricettario del regista Stephen Frears a pagina uno quando ha deciso di dirigere “Philomena”. Tratto dal libro di Martin Sixsmith “The lost child of Philomena”, solo “Philomena” per l’edizione italiana Piemme, il film racconta la vera storia di una donna irlandese che viene costretta ad abbandonare suo figlio dopo averlo partorito in un convento. Cinquant'anni anni dopo, la donna, assieme al giornalista Martin Sixsmith, si mette alla ricerca del figlio, nel frattempo affidato ad una famiglia americana.

È stato presentato in anteprima il 31 agosto 2013 all'interno del concorso ufficiale della 70ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Premio Osella per la migliore sceneggiatura e altri premi, tra cui il Queer Lion, il Premio Signis, il Premio Padre Nazareno Taddei ed il Premio Brian. Al Toronto International Film Festival ha ottenuto il secondo posto tra i film scelti dal pubblico.

Per la sua interpretazione della mamma Philomena, Judi Dench ha ricevuto numerose nomination come miglior attrice protagonista, tra cui Globes e Oscar. Tolti i panni del capo di James Bond all’MI6, la Dench dà prova della sua immensa bravura anche come interprete drammatica. Anni ’50: una giovane mamma viene costretta dalle suore di un convento a sentirsi in colpa per aver dato alla luce il suo amato Anthony dopo una fuga d’amore. Il bimbo verrà venduto per 1000 sterline ad una famiglia americana. Per i successivi 50 anni Philomena non trova pace: combattuta nell’anima per ciò che aveva fatto e l’amore profondo che invece provava per suo figlio, non ha mai smesso di cercarlo.

Così come non ha mai smesso di chiedere scusa a Dio, di pregare perché Anthony stesse bene, di impedire che anche un minimo accenno d’odio nei confronti delle suore potesse crescere in lei. Quello di Philomena è stato un peccato carnale troppo grave perché venisse perdonato dalla reverendissime madri. Un peccato invero inesistente per il giornalista Martin Sixsmith, che dopo aver aiutato l’ormai anziana Philomena a ritrovare il figlio perduto, non esita ad accusare a sua volta le stesse suore di aver “fatto cassa” con la pelle di un innocente, condannando al dolore e alla tristezza la povera Philomena.

Un peccato con cui la stessa Philomena per anni ha cercato di convivere, che lei stessa a volte non accetta come colpa (in fondo provava amore per l’uomo con cui per la prima volta ha conosciuto il sesso), ma che ha dovuto accettare perché le erano sin troppo chiare le regole cattoliche del convento in cui viveva e lavorava. È su questa ambiguità religiosa che il regista punta contrapponendo le diverse personalità dei protagonisti: da una parte Philomena, devota cattolica a cui è stato fatto un torto enorme perché a sua volta è stata accusata di aver peccato, ma che nonostante tutto prova dentro di sé una fede quasi incrollabile; dall’altra lo scetticismo tipico di un giornalista che non si accontenta delle risposte superficiali di chi intervista, neanche quelle di Philomena e senza arrendersi mai continua a scavare nella storia e nel passato di Philomena per trovare la verità.

O tentare almeno di trovarla, perché è confuso e frastornato: lui che dopo aver perso il lavoro annuncia a se stesso e a Dio di non credere più in lui, è combattuto dalla rabbia nei confronti delle suore per aver venduto il bambino di Philomena e dal perdono che la stessa Philomena, alla fine del film, rivolge alle madri del convento. Martin si accorge che la forza e il coraggio di Philomena sono più grandi della rabbia di cui si serve lui per sconfiggere le ingiustizie, tanto che alla fine decide di non pubblicare la storia. Al contrario, Philomena si accorge che storie come la sua devono essere diffuse perché errori del genere non si ripetano più. In mezzo al marasma psicologico e religioso che i due protagonisti vivono durante la cerca del figlio, ecco la grande scoperta: Anthony il bimbo venduto agli americani, che nel frattempo è diventato Michael Hesse, era omosessuale e morto per Aids otto anni prima. Ciò che manda ancora su tutte le furie Sixsmith, ma che invece mette finalmente pace nel cuore di Philomena, è che il corpo del figlio è stato sepolto nel cimitero dello stesso convento in cui Philomena lo partorì 50 anni prima. A sua insaputa naturalmente, perché le suore avevano pensato bene di nascondere l’accaduto per non diffondere lo scandalo. Al di là delle accuse ricevute dal mondo cattolico, il film scorre piacevole anche perché tra una battuta e l’altra i due protagonisti giocano con il proprio ruolo, creando situazioni ironiche e poetiche. Assolutamente da vedere.

In collaborazione con: Nuovo Cinema Aquila

 


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